– La S.T.o.E. Artistica –
Nello MangiameliPer formarsi alla presa di consapevolezza delle
in-formazioni olistico-autopoietiche innate
e alla loro ricaduta nell’azione quotidiana
La
pratica integrale della
S.T.o.E.
(Sigmasophy Theory of Everything)
Artistica
è denominata
∑ophy-art
ha, come principio attivo fondamentale,
la forma-azione dell’Io-psyché a se stesso:
La
pratica integrale della
S.T.o.E. Artistica
è alla base delle
profonde trans-mutazioni dei paradigmi esistenziali, delle relazioni sociali, del modo di vivere la realtà quotidiana che i
ricercatori in forma-azione in Sigmasofia
stanno evidenziando.
Hanno, cioè, intrapreso e vivono cambiamenti che possono determinare
transmutazioni Io-somato-autopoietiche,
di cui una ha evidenziato la necessità di
attraversare la
fase propedeutica, denominata
∑igma-Art,
per approdare alla
fase operativa, denominata
∑ophy-art
che sostanzialmente significa
S.T.o.E.
(Sigmasophy Theory of Everything
Artistica).
- – La S.T.o.E. Artistica –
- Il principio attivo della ∑ophy-Art
- La pratica operativa della ∑ophy-Art
- La fonte della ∑ophy-Art
- La ∑ophy-Art eidetica
- Caratteristiche della ∑ophy-Art
- La sfera d’azione della ∑ophy-Art
- Il riconoscimento della ∑ophy-Art
- I cifrari utilizzati nella ∑ophy-Art
- Cosa trasmette la ∑ophy-Art
- Perché la ∑ophy-Art?
Il principio attivo della ∑ophy-Art
La ∑ophy-Art che d’ora in poi denominerò ∑.A. ha, come principio attivo fondamentale,
la forma-azione dell’Io-psyché a se stesso:
alle sue estensioni come campo coscienziale, sensibili e sovrasensibili, localistiche e non locali.
Il riconoscimento vissuto da parte di alcuni ricercatori Sigmasofici della possibilità di poter sperimentare e conoscere
nuove regioni dell’inconscio collettivo e autopoietico
è stato l’antidoto all’identificazione-fissazione nel
modo tradizionale di
creare Arte
e ci ha permesso di delineare innovativi e nuovi modi di viverla e di esprimerla.
Si tratta di un processo molto particolare che sembra evidenziarsi nel seguente modo:
- più vissuti empatonici-fusionali, viscerali si raggiungono, più si rivela la visione intuitiva e sincronica;
- più si accresce l’apprendimento, soltanto sensoriale, legato alla separazione proiettiva tra soggetto e oggetto, più l’enormità di accumulo nozionistico si evidenzia.
La ∑.A. sarà quindi attenta alla
sommatoria più proprietà emergente (∑ophy),
dell’olismo con il riduzionismo
del sovrasensibile con il sensibile
del localistico con il non locale
quando ciò accade realmente,
emerge la
visione intuitiva, sincronica, autopoietica,
che può trovare
specifiche ricadute artistiche (e altre)
in ogni luogo della manifestazione sensibile e sovrasensibile:
si tratta di uno dei fondamenti della
∑ophy-Art®.
La ricerca in ∑.A. può iniziare a qualunque età, esattamente nel momento in cui l’Io-psyché del ricercatore ne ravvede la necessità!
Musico-sofia, canto-sofia, danza-sofia, ergo-sofia, immagogia:
sono soltanto alcune delle componenti fondamentali che la caratterizzano.
Sostanzialmente, si tratta della rappresentazione artistica dello stato di auto-consapevolezza della
pulsione olistico-autopoietica a vivere e a conoscere.
Inizialmente, con la S.T.o.E. e la ∑.A. ho potuto constatare che i ricercatori intervistati
ignoravano l’esistenza degli “ingredienti innati” formanti l’Io-psyché
(pur essendo questo, in assoluto, lo strumento da loro maggiormente utilizzato).
Molti riferivano di
essere consapevoli di un presunto rapporto effettivo tra Io, mente e materia.
Nessuno sospettava che tale visione fosse superata da ciò che
riconosce l’Io-soma-autopoiesi come un unico ente, inscindibile e inseparabile,
in stato di entanglement micro-particellare e coscienziale:
le tre componenti non hanno rapporti, semplicemente funzionano all’unisono e i fenomeni ipersensibili scaturenti da tale funzionalità non sono anomali,
ma rigorosamente normali.
Vediamo di che cosa si tratta.
La pratica operativa della ∑ophy-Art
Durante la pratica delle autopoiesi olosgrafiche, precisamente al momento della
visione olistico-autopoietica interiore,
quando nell’ambiente più che tridimensionale in cui opera, l’Io-psyché (interiorità) riconosce omogeneità, simultaneità, possono evidenziarsi insights intuitivi che provano come tali immagini siano incluse, siano parte integrante, delle
in-formazioni innate che si trovano
in uno
stato di sovrapposizione fusionale,
da cui è tecnicamente possibile creare ogni stato Io-somatico. Questo
campo coscienziale in-formato,
è raggiungibile attraverso il
vissuto diretto dell’Io-psyché che si forma a se stesso
e gli insights intuitivi, conseguenti a tale formazione vissuta, sono
difficilmente descrivibili con il solo ausilio delle parole,
perché ci costringono a riconoscere
funzionalità quantistiche (e oltre) che evidenziano una logica dello stesso tipo,
diversa da quella soltanto sensorio-percettiva, in cui molti si riconoscono:
è lo stato innato dell’Io-psyché, non riscontrabile nelle consapevolezze soltanto sensoriali ordinarie.
In tale descrizione, risiede la
pratica operativa della
∑ophy-art
che, in questo senso e con questi significati, ha lo scopo di porre in remissione la cosiddetta
riduzione-collasso della
funzione campo coscienziale olistico-autopoietico
che studiamo in Sigmasofia.
Lo stato di riduzione-collasso
avviene precisamente, nel momento in cui dallo
stato di sovrapposizione in-formata indifferenziata,
l’Io psyché produce uno specifico stato Io-somatico e relativo significato.
Questa
riduzione-collasso ad un singolo stato Io-somatico
(lasciando come potenziali sovrapposti esprimibili gli altri, sia quelli innati che quelli acquisiti),
dovrà essere
progressivamente portata alla propria auto-conversione.
Spiego meglio.
La pratica delle autopoiesi olosgrafiche sta dimostrando che l’Io-psyché è potenzialmente e tecnicamente in grado di poter
percepire lo stato di sovrapposizione in-formata descritto
(la fisiologia che consente di creare qualunque stato Io-somatico),
quindi di modificare la riduzione-collasso a un solo stato Io-somatico e relativo significato-significante, integrando il riconoscimento simultaneo di altre in-formazioni innate-acquisite rendendolo, così, più esteso, più olistico.
La fonte della ∑ophy-Art
La fonte da cui attinge la ∑.A. è se stessi, l’Universi-parte, in tutte le proprie manifestazioni olistico-autopoietiche, non locali, transfinite, istintivo-emozionali, razionali, acquisite, vissute come campo unico.
Il ricercatore in ∑.A. (Maieuta, Docente, Ricercatore, essere umano) non ha un repertorio preordinato differente da se stesso, ma situazioni di vita, coinvolgenti tutti i piani, realmente vissuti. La sua scena è la vita, l’Universi-parte. Tutto è orientato dall’intenzionalità a vivere, a conoscere se stessi, con particolare riferimento alla regioni dell’inconscio olistico-autopoietico, transfinito (le estensioni di quello personale e collettivo), ancora non esplorate e consapevolizzate.
Perciò, durante la rappresentazione, il ricercatore tenta di raggiungere lo stato di autoconsapevolezza d’avanguardia e, da questo stato coscienziale Sigmasofia, agisce, evidenziando, così, la peculiare
atmosfera olistico-autopoietica.
La modalità di realizzazione si effettua attraverso varie azioni:
metaforica, mitologica-eroica, metonimica,
ampliata, catacretica, sineddochica,
diversificata, metalepsica, opposta-complementare,
antifrasica, allegorica (…).
La
∑.A.
dovrà essere vissuta esprimendo tale realtà implicita:
nella sua morfologia si potrà riconoscere, intuire l’olistico innato che veicola.
La scoperta
dell’entanglement micro-particellare e coscienziale
è stata determinante per comprendere e
rendere effettiva
la remissione della riduzione-collasso al solo range sensoriale,
ad un solo stato Io-somatico e relativo significato e intensità emozionale.
Spiego.
La ∑ophy-Art eidetica
Dove, prima, con la
propedeutica ∑igma-art
riuscivamo ad esprimere soltanto
sommatorie
di prese di consapevolezza derivanti dalla formazione,
ora possiamo esprimere con
una consapevolezza maggiormente compiuta la
∑ophy-art.
Durante la seduta e le sperimentazioni, l’Io-psyché di ognuno, anche se con
individuazioni diverse,
può
traslare immagini eidetiche:
sono immagini coscienziali che concernono la conoscenza derivante dalla
visione (anche solo intuitiva) olistico-autopoietica interiore
dell’essenza di se stessi.
Si tratta della visualizzazione nitida (ovviamente non riscontrabile all’esterno) e che, nello stesso tempo, non ha nulla a che vedere con le allucinazioni, ma alla loro natura puramente coscienziale, di cui attraverso appunto la visualizzazione, si è coscienti: è
la ∑.A.
eidetica,
cui, applicando su tali immagini innate una specifica forza traslante, le si può spingere verso il cosiddetto esterno da sé, fuori e, in specifiche situazioni, possono divenire visibili nel range sensorio-percettivo come, appunto,
immagini che si sovrappongono
alla naturale percezione dell’ambiente in cui ci si trova.
Si vedono perfettamente proiettate all’esterno, assumono una veste, per così dire,
trasparente e tridimensionale,
la cui consistenza dipende dall’intensità della forza traslante e hanno le stesse identiche caratteristiche di quelle interiori.
Immersi nelle
onde theta, delta e ∑igma
(di profondo rilassamento, concentrazione e meditazione dinamica),
vedere queste immagini, questi campi-atmosfere, è una delle
metodologie operative della ∑ophy-art
che, essenzialmente, si suddividerà in tre settori:
- ∑ophy-art dell’autonomia
- ∑ophy-art della fusionalità
- ∑ophy-art autopoietica
Nel
tutto è coscienzialmente e atomicamente legato,
nell’Universi-parte che siamo,
ogni stato Io-somatico e relativo significato abbinato
viene memorizzato nel campo coscienziale complessivo
e resta disponibile all’Io-psyché
(che ne è evidenza).
Per questi motivi, quando,
praticando ormai da anni le autopoiesi olosgrafiche
in ogni luogo di noi stessi, dell’Universi-parte,
attingiamo a
memorie registrate di ogni natura,
investite su un determinato luogo,
possiamo ricostruirne frammenti o intere storie: abbiamo ormai molti documenti a sostegno di tale possibilità.
Si riconoscono le
atmosfere olistico-autopoietiche di luoghi coscienziali:
(esseri umani, animali, cose, luoghi esistenti…),
ossia di quale stato di auto-consapevolezza sia stato, lì,
più praticato, ritualizzato, filosofizzato, reso conoscenza,
cantato, musicato, danzato (…).
Formarsi alla presa di consapevolezza delle
in-formazioni olistico-autopoietiche innate
e alla loro ricaduta nell’azione quotidiana
è
∑ophy-art®.
Caratteristiche della ∑ophy-Art
Una delle sue caratteristiche fondamentali è quella
dell’autoironia e dell’attitudine al gioco, all’umorismo, alla
gelontologia autopoietica.
Vengono proposte situazioni che possono essere profondamente toccanti, in quanto il ricercatore in formazione
mette in scena la propria reale situazione interiore e/o problematica psicosomatica e presenta meditazioni sul sovrasensibile, realmente vissute.
Tale ∑.A., quindi, è un’integrazione, un ∑igma (sommatoria più proprietà emergente) degli stati di auto-consapevolezza d’avanguardia che l’Io-psyché dell’essere umano ha saputo vivere.
La musica, la danza e il canto sono creati dai Maieuti e dai ricercatori:
sono i suoni della vita-autopoiesi
e dello
stato coscienziale punto morte,
del fluire dell’esistenza.
Il loro ritmo nasce spontaneamente dalla situazione vissuta, è sinergia con essa. I suoni, le musiche, le danze, le poesie creano precise atmosfere, come se guidassero l’azione, la rappresentazione, così come fa il campo coscienziale complessivo, di cui l’Io-psyché è espressione.
Seguire i ritmi fa parte di una delle facoltà più importanti dell’Io-psyché: saper agirle coincide con precisi e determinati risvegli intuitivi e con particolari iper-sensibilità.
I principi attivi innati sono ∑.A. in azione e non hanno bisogno di essere diretti, essi sanno esattamente come muoversi: per il ricercatore, è necessario il lucido abbandono a queste forze. C’è un segnale preciso che cambia il ritmo o un’azione di vita-autopoiesi:
è il Bios,
cioè, un atto sostenuto da un’emissione concentrata del respiro, potente, ma brevissima, da cui sgorga un suono, simile a quello dei gatti, quando soffiano verso qualcuno o qualche cosa.
Ogni ricercatore in formazione deve inoltre saper danzare autopoieticamente, agendo, fondamentalmente, in modo indipendente dalla ∑ophy-Art, anche se all’interno della quale può trovare una specifica applicazione.
L’uso di suoni naturali, concorrono a saldare ancora di più l’atmosfera della ∑.-A.
Il ritmo è quello dello stato di consapevolezza del ricercatore, realmente raggiunto. Va dal fermo-lento-veloce al veloce-lento-fermo e può unire simultaneamente nello stesso atto il fermo, il lento e il veloce. È una fisarmonica che va dal sovrasensibile al sensibile e viceversa, dal campo coscienziale complessivo alla sua emanazione sensibile l’Io-psyché e viceversa, dal locale al non locale.
Il fare intuitivo e sincronico, imprevedibile, creatore, anche attraverso minimi movimenti, è ∑.-A. Questa è la facoltà che può aprire il varco all’Io-psyché che partecipa-osserva, se stesso.
La capacità di giocare e di unire gli opposti-complementari, di agire simultaneamente i doppi, i tripli, i quadrupli (…) comandi è molto coinvolgente per sé e per i ricercatori. L’unione di queste capacità è ∑.-A. è armonia di ritmi. Rappresentare qualche cosa con una parte immobile e l’altra in totale movimento, seduti, a terra o in piedi, alternando movimenti rigidi a quelli lenti fa parte dell’utilizzo del corpo e dell’Io-psyché, orientati verso il campo coscienziale olistico. La percezione delle estensioni olos-direzionali della coscienza, applicata, simultaneamente, alla percezione specifica, particolare, la rende olistica.
La sfera d’azione della ∑ophy-Art
Il palcoscenico, la sfera d’azione della ∑-A. è
cielo e terra,
è fondamentalmente uno spazio sferico, ricavato in un ambiente naturale, di elevato interesse storico-autopoietico-naturalistico-archeologico. In ambienti interni, si trova al centro della sala utilizzata. Il pubblico si situa intorno, forma cerchi concentrici, richiamando così l’antica simbologia del
cerchio e del punto,
a rappresentare la conformazione del range sensibile, in ogni punto del pianeta Terra. Infatti, in qualunque luogo ci posizioniamo, possiamo vedere la linea circolare dell’orizzonte e della volta celeste intorno a noi: il ricercatore in ∑.A. agisce dal centro di una sfera d’azione. Tale disposizione richiama, inoltre, la visione olistico-autopoietica e l’olospresenza, che si tenta di trasmettere. Ciò richiede al ricercatore di irradiare la sua rappresentazione a 360°, sia interiormente che esternamente. In una posizione sollevata dal terreno di circa un metro, non ha transenne né copertura, a simboleggiare che
l’Oikos
(la naturale evoluzione del Tempio religioso e laico)
della ricerca è rappresentato dal cielo e dalla terra.
I ricercatori entrano ed escono dalla scena, provenendo dal primo cerchio, dove si trovano gli strumenti musicali e gli altri ricercatori. In tal modo, il pubblico è parte integrante della rappresentazione e sono possibili trans-finite soluzioni per le rappresentazioni. Si elimina definitivamente la dicotomia palcoscenico-sala, in favore di uno spazio olistico dà con-partecipare.
Sulla scena, l’azione e lo sguardo del ricercatore si irradiano a trecentosessanta gradi. La reale apertura del campo visivo è intorno ai 170°; il ricercatore in forma-azione inserisce lo sguardo interno e l’attenzione, che si direzionano verso il campo intero.
Anche la consapevolezza Io-somato-autopoietica è a trecentosessanta gradi. Più la partecipazione-osservazione interiore è profonda, più si percepisce e si zooma nei 170°. È questo il senso della posizione visiva che è necessario conseguire.
L’allenamento continuo alla visione olistico-autopoietica, interna ed esterna, è un’altra delle basi fondamentali della ∑.A. Tale capacità vissuta permette di trasmettere la sensazione di essere sempre di fronte all’altro, anche quando si è di schiena, e il punto di individuazione posizionato al centro, necessariamente, determina questa situazione.
L’Io-psyché irradia in ogni direzione tale
azione olistico-autopoietica è visibile da qualunque posizione.
Tutto dipende dalla consapevolezza di sé, raggiunta dal ricercatore in formazione.
Nella vita così come nella trasmissione di ∑.A., i ricercatori non hanno nessun riferimento, nessun suggeritore, se non se stessi, il proprio intuito. Il campo coscienziale olistico-autopoietico è vissuto ed è immanente.
Si procede, ponendo in remissione la discrepanza che troviamo tra stati coscienziali e azione e tra stati coscienziali e principi attivi olistico-autopoietici innati. Porre in remissione la discrepanza tra stati coscienziali e azione significa indagare, vivere, risalire e transmutare le difese, gli ostacolatori, di cui spesso non si è consapevoli e che, in qualche modo, produciamo. È l’evento che determina il fatto, per cui il campo coscienziale olistico-autopoietico e l’azione non sono simultanei, anzi possono addirittura ritardare l’azione, fino a determinarne, in casi estremi, un reale blocco istintivo-emozionale-razionale.
Se, in presenza dell’intenzionalità di entrare in azione nella vita, in modo artistico, il ricercatore prova emozioni ostacolanti, può ritardare o deviare l’azione che deve svolgere. Per poter evitarlo, è gioco forza che gli stati coscienziali vivano, conoscano olisticamente se stessi, la propria eziologia, ossia i principi attivi localistici e non localistici, archetipici, transfiniti. Si vive, cioè, che le funzionalità Io-somatiche, che utilizziamo per produrre azioni, hanno una fisiologia innata localistica e non locale, condizione presente alla radice di ogni Io-psyché. Per questo motivo, il ricercatore in ∑ophy-Art, per riconoscersi come tale, deve saper vivere il campo coscienziale olistico innato, riconoscendolo come parte integrante dello spazio-tempo, in cui opera, quella parte di sé che denomina l’altro, condizione rinforzata dalla consapevolezza che tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, dello stato E.C.A., (Entanglement Coscienziale Autopoietico).
Il riconoscimento della ∑ophy-Art
La ∑.A. si prefigge di essere facilmente riconosciuta da ogni Io-psyché che voglia seguirla, da qualunque estrazione o cultura provenga, appunto perché tenta di comunicare funzionalità esistenziali innate, in cui tutti sono coinvolti. Il suo tentativo di trasmettere la conoscenza vissuta del sovrasensibile, dell’inconscio autopoietico che muove nelle cose, nell’Universi-parte, può lasciare impressioni durevoli nell’Io-psyché (memoria dell’ontos-sophos-logos dell’Universi, se stessi), ciò è parte integrante della rappresentazione. Un’altra finalità consiste nel comunicare direttamente con l’inconscio per creare l’humus maieutico al risveglio intuitivo e sincronico, che ognuno potrà vivere dentro di sé. Si potrà così verificare un gioco di risonanze Io-somatiche, realizzato attimo dopo attimo, che potrà determinare il coinvolgimento emozionale. Ed ecco che la ∑.A. è la sommatoria e proprietà emergente di ogni autoconsapevolezza, che trova il punto d’incontro nella vita, con l’auto-consapevolezza dell’altro, riconosciuto fusionalmente come parte di sé, in un processo sinergico continuo.
Pur seguendo una trama prestabilita, le rappresentazioni di ∑.A. che si realizzano prevedono una parte in cui il ricercatore deve rappresentare, spontaneamente ed improvvisando, contenuti dei propri stati coscienziali, delle proprie emozioni, degli istinti, degli intuiti, delle memorie registrate nel suo DNA, che sono emersi direttamente dal lavoro, a mediazione corporea, al di fuori del linguaggio intellettuale, strutturato, e che vengono realizzati in scena. Un ricercatore lascia fluire in modo spontaneo le espressioni del viso che naturalmente e consapevolmente gli nascono:
se incontra e sente il pianto, semplicemente piange.
Il ricercatore in ∑.A.
è vestito di sola nudità olistico-autopoietica,
non si spoglia volitivamente: egli è veramente quello che è e riconosce di sé.
Non c’è alcuna creazione artificiale, tutto tenta di essere coeso, senza deviazioni. A volte, può accadere che l’azione non ce la faccia a rappresentare, ad esprimere l’istinto-emozione, l’autopoiesi, ma comunque, in questo atto, il ricercatore comunica la propria intenzionalità a rappresentarlo simmetricamente. In tal modo, attingendo dall’inconscio collettivo e autopoietico, si evita la caduta identificativa nella visione convenzionale, nella dialettica intellettuale dell’Io-psyché identificato nel solo acquisito. Ad esempio, un vissuto di terrore, di pericolo di vita, dovrà essere rappresentato naturalmente, ossia esattamente come l’Io che lo evidenzia lo ha vissuto e penetrato. Via via che l’autoconsapevolezza si amplia, cambia anche la tipologia, la qualità dell’azione rappresentata.
Le liriche possono essere facilmente comprensibili, ma richiedono una precisa predisposizione dell’Io-psyché a voler seguirle, attraverso lo stato di lucido abbandono.
Le funzioni artistiche di base della ∑.A. sono funzioni Io-somatiche ed autopoietiche. Indossano i vestiti istintivi-emozionali e acquisiti reali, corrispondenti ad esperienze di vita e a dinamiche interiori, vissute o che si sta vivendo. È necessario, quindi, esplorare quelle componenti, attraverso il vissuto diretto e non attraverso letture o studi. È specifico compito del ricercatore portare alla luce l’essenza di sé, della propria interiorità, renderla semplicemente evidente. La ∑.A. è aderente alla realtà vissuta e riconosciuta, senza filtri, e la sua dinamis rende questo processo sempre più profondo, tanto da determinare così una rappresentazione di sé sempre diversa, durante l’azione di vita. Mi riferisco sia alla componente conscia che a quella inconscia, sovrasensibile e non locale. Tenta di creare atmosfere al di fuori dello spazio-tempo, così come lo conosciamo. Il ricercatore si cala nell’azione nel qui ed ora, al momento in cui agisce. Deve diventare una cosa sola con se stesso, con i suoi contenuti e profondità di sé che riesce a raggiungere, e poi azione.
L’archetipo campo istintivo-emozionale e aggredior emerge dalla consapevolezza stessa del campo coscienziale olistico-autopoietico ed è questa che riesce, per risonanza, a coinvolgere empaticamente l’Io-psyché con se stesso. Se l’Io-psyché riesce a mantenere tale stato per tutta la rappresentazione, la sua azione sarà progressivamente ampliata, ma se non lo farà, potrà accadere il contrario, in scena come nella vita. Se non è rivelatrice di significati più profondi a noi stessi e al pubblico, una rappresentazione di ∑.A. deve essere considerata da partecipare-osservare, vivere, risalire e transmutare.
Dovrà essere conosciuta per la capacità di evocare intuizione, spontaneità olistico-autopoietica e di rappresentare emozioni-istinti reali ed intensi, positivi, negativi o trascendenti che siano, senza alcuna remora, paura del giudizio o colpevolizzazione. Per fare questo, è necessario un lungo training e il raggiungimento della capacità di vivere, risalire e trasformare qualunque situazione di vita. La capacità di poter esprimere tutti i sommovimenti coscienziali, tutte le emozioni e gli istinti e i principi attivi olistico-autopoietici, senza fare nulla o viceversa.
I cifrari utilizzati nella ∑ophy-Art
I cifrari utilizzati nell’azione di vita rappresentano, per il ricercatore, l’innesco, il padre-madre delle azioni che seguiranno, parte del coinvolgimento empatonico e del raggiungimento di particolari profondità. Quindi, può essere condizionato da questo (ovviamente durante la rappresentazione è sempre possibile modificare il proprio stato interiore). Detto ciò, è in ogni modo importante curare l’innesco, il bios che ci dà una dimensione adatta, una predisposizione utile.
Evidenziare o esagerare volitivamente un’emozione-istinto, volere caratterizzarla è azione che ha ben poca presa:
non c’è alcun interesse particolare nel recitare bene la parte o a curare particolarmente la dizione.
L’accettazione di porsi in gioco, negli elementi più intimi e personali che ci compongono, pone in remissione molti stati identificativi nelle stereotipie, nelle convenzioni dell’epoca. La forma artistica assume le fattezze della vita dell’Universi-parte, noi stessi: un principio attivo di ∑.-A.
Noi sappiamo che
il ∑igma
(sommatoria più proprietà emergente)
delle esperienze vissute dal Maieuta,
formano il testo di ∑.-A.
e tale avanguardia conosciuta di sé può diventare
Teatro autopoietico,
accettando di rappresentare le parti più intime di sé, sane o patologiche, illuminate o oscure, imbarazzanti o entusiaste (…). È quest’aderenza a se stesso che gli permette di essere compreso dal pubblico. È soltanto questa spontaneità intuitiva, realmente raggiunta, che farà brillare l’azione. Un’azione veramente penetrante i significati dell’esistenza non mostra soltanto tecnicamente la propria efficacia.
Il ricercatore non deve mai, in nessun caso, usare maschere o recitare contenuti dell’acquisito altrui, ma rispettare la diversità specifica dell’acquisito, della storia di ognuno come il collante dell’unità che sottende.
Quest’assunzione di rispetto e di non rappresentazione dell’individualità acquisita altrui è una delle azioni creatrici della ∑.-A. Può trascorrere giorni, mesi a contemplare, osservare i contenuti della propria coscienza che dovrà rappresentare durante gli incontri. Il risveglio e l’osservazione di memorie, di ricordi antichi, ereditati dai propri avi di padre-madre in figlio, saranno tra quelli che avranno maggiore potere di penetrazione in scena. Non esiste un’azione più o meno difficile, esiste soltanto l’atto, agito senza interpretazioni. C’è il riconoscimento consapevolmente vissuto del campo coscienziale che fa nascere ogni azione, in modo tale che, realizzata in scena, ne sia sempre il veicolo.
Nella rappresentazione di ∑.-A. l’attenzione è concentrata sulla fisiologia innata, che permette al linguaggio di nascere, non sul significato particolare di ciò che rappresenta. Così per il gesto, il collegamento è con la fisiologia che gli permette di nascere. Tuttavia, pochi ricercatori riescono a stare lucidamente e consapevolmente abbandonati alla
fisiologia innata
che sostiene il fluire del vivere e dello stato coscienziale punto morte.
Seguire il campo coscienziale è seguire il potenziale che dà la tensegrità, la coesione a tutte le parti, a tutte le componenti, a tutti gli stati coscienziali.
L’elemento di unione è il campo coscienziale.
Se questa consapevolezza si perde, si perderà nella stessa misura la presa di consapevolezza e di attenzione del pubblico.
L’aderenza al campo coscienziale trasmette che cosa significa l’unione dell’Io-psyché con gli elementi innati, universali e non deteriorabili che lo compongono: quell’Io trasmette
∑.-A.
La voce è simmetrica al gesto-movimento, questo all’istinto-emozione e ai principi attivi olistico-autopoietici che lo formano, al campo coscienziale.
Qualsiasi mezzo, lo scettro (o lituo ∑igma),

il materiale scenico, il palcoscenico, il pubblico è un’estensione del corpo del ricercatore, è parte integrante dell’unico corpo. Tutto è sentito attraverso la consapevolezza di ciò che muove e anima al proprio interno. L’unità vissuta tra Io-soma-autopoiesi ne è la base. È lo stato di non località vissuto consapevolmente, è la pulsione autopoietica a vivere, a conoscere, ciò che muove e non i significati-significanti ostacolanti, discrasici, mossi dall’Io-psyché.
Cosa trasmette la ∑ophy-Art
La ∑.-A. ha molto da trasmettere all’Io-psyché. Può rendere evidente il disallineamento che molti Io hanno verso loro stessi e iniziare a correggerlo. Tale azione di
ri-allineamento Io-somato-autopoietico
è denominata
∑.-A. marziale.
L’Io-psyché non consapevole della propria scaturigine si spinge sempre più proiettivamente al di fuori dell’olistico-autopoietico, da cui paradossalmente esso stesso nasce. Questo può essere sentito dal pubblico e creare
momenti analitici di riflessione,
provocare la destrutturazione del mondo riflesso, tanto che taluni potrebbero viverlo come distonia. Questi momenti di crisi sono una benedizione, significa che la ∑.-A. sta semplicemente assolvendo al proprio scopo, quello di aprire nell’Io un varco di comunicazione più profonda con se stesso. Infatti, non ci si propone di accarezzare l’Io-psyché del pubblico o del Maieuta-ricercatore: si vuole soltanto trasmettere modalità di conoscenze vissute, e poco importa se, per mostrarle, è necessario attraversare momenti interpretati come positivi o come negativi.
In definitiva, nella ∑.-A., si trasmette l’azione bios-etica olistico-autopoietica, emanazione sia del sovrasensibile che del sensibile riconosciuto.
La ∑.-A. non ha segreti o dimensioni esoteriche, se non quella di dirigere l’Io-psyché ad indagare se stesso a livelli sempre più profondi di cui, spesso, non è consapevole.
Perché la ∑ophy-Art?
Perché la ∑.-A.?
Per dar vita, anche attraverso questa forma, all’intenzionalità olistico-autopoietica a conoscere, ad autorealizzarsi-potenziarsi, ad autorigenerarsi-guarirsi, in un gioco di ricerca e di creazioni transfinito, esattamene come transfinito è l’Universi-parte, se stessi!
Ogni Io-psyché è regista di se stesso e il campo coscienziale olistico-autopoietico a cui ci si collega è la regia di tutti.
Ognuno è il Maieuta di se stesso e attua
l’ars-ostetricia,
fino all’avanguardia, e oltre.
L’auto-forma-azione significherà così aprirsi a se stessi, fino ad incontrare, da dentro, il cosiddetto altro, fino a far nascere riconoscimenti dell’unico corpo, dell’Universi-parte coeso, che siamo.